Come in una tomba
€13.00 €12.35
Autore: James Purdy
Traduzione: Maria Pia Tosti Croce
Collana: Scarafaggi
Pagine: 130
Formato: 11×17
Isbn: 978-88-99767-42-6
Descrizione
Scampato alla guerra sul fronte orientale, il reduce Garnet Montrose fa ritorno in Virginia con il corpo dilaniato e il volto talmente sfigurato da provocare in chi lo guarda orrendi conati di vomito. In testa non ha che sbrendoli di pensiero: il frastuono degli uccelli al mattino, la necessità di trovarsi uno «schiavo», e un’inquietudine insopprimibile – la presenza-assenza in fondo alla via della vedova Rance, il grande amore della sua vita «da vivo». Con un piede nella fossa, il senso dell’esistenza di Garnet, cullato dall’aspettativa se non dal desiderio di una morte imminente, è allora tutto alla ricerca del valletto di cui ha bisogno per non crepare di dolore. Così da una serie di colloqui al veleno ne salteranno fuori due. Da una parte l’anestetico Quintus, nero e povero, che lo massaggia e gli recita ad alta voce qualche brano dai libri rimediati fra i vecchi scaffali di casa; dall’altra l’enigmatico Daventry, con il sorriso dolce e privo di incisivi, a cui viene conferito il compito cruciale di recapitare le lettere d’amore di Garnet direttamente nelle mani della vedova. La calma di questa vertigine quotidiana, tuttavia, rischia di incrinarsi: uno sfratto è dietro l’angolo, un’apocalisse è alle porte, e l’anima del protagonista, già parecchio a nudo, è sempre più alla mercé di quei prossimi estranei che si è ritrovato in casa. Interamente calata in un contesto simbolico e mistico – entro cui tutto però sembra incontestabilmente reale – ancora oggi la storia di Garnet rimane impossibile da categorizzare al di fuori dei principi letterari che stabilisce per sé. Come in una tomba è accessibile e inaccessibile al pari di una sala da ballo abbandonata, come lo stile scarno e nervoso del suo profeta James Purdy – in questa novella, a detta di molti, al suo meglio di sempre.
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Undici racconti intrecciati tra loro affrescano una Bombay tentacolare e sciamante che rimane sullo sfondo del Firozsha Baag, un microcosmo di tre caseggiati, vivace e coloratissimo, in cui immergersi presi per mano dalla penna ispirata di Rohinton Mistry. Descritti con ironia e candore, come da uno spioncino ci è permesso sbirciare nelle vite di uomini, donne e bambini tra schiamazzi, giochi non poi così innocenti e curry da macinare come si deve.
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Cosa ci fa uno scrittore irlandese nella periferia di Bucarest? La risposta, ammesso che ci sia, si trova nei diciannove racconti di Appunti da un bordello turco, scritti con una lucidità disperata e un’ironia sferzante e ambientati tra Romania, Stati Uniti e Turchia. La visione di Ó Ceallaigh è tutto fuorché pacificata perché all’autore interessa sempre denudare il conflitto sotterraneo insieme alle contraddizioni più emergenti dei suoi personaggi. Vinti che si credono dei vincenti, gettati in un ambiente ostile e inchiodati in una routine paralizzante che credono di dominare ma da cui in realtà vorrebbero fuggire.
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