Rassegna Stampa
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Caro lettore…
La primavera di quest’anno è per noi un periodo un po’ speciale. Il 12 maggio del 2016, con un piccolo stand al Salone del Libro di Torino, presentavamo i primi tre titoli di Racconti edizioni, l’unica casa editrice in Italia a pubblicare unicamente short stories. Da quel giorno sono passati cinque anni – una pandemia, 37 titoli, una partecipazione al Premio Strega, centinaia di presentazioni – e la verità è che la scommessa fatta allora ci appare oggi ancor più sensata e affascinante di quanto non lo fosse nelle nostre aspettative e nei nostri desideri. Una casa editrice dedicata soltanto ai racconti… ma siete sicuri?
Be’, dopo cinque anni è a te che chiediamo di giudicare quanto «coraggioso», o «folle», come ci è stato detto, fosse il nostro progetto: dando semplicemente uno sguardo al lavoro fatto sin qui, alla qualità dei nostri libri, alle storie che abbiamo proposto e alla strada che abbiamo battuto per quelle che verranno in futuro.
Cinque anni fa eravamo convinti che l’editoria di catalogo fosse viva e vegeta, che la vita dei libri fosse lunga e che ci fosse bisogno di allungarla il più possibile. Pensavamo di poter coniugare classici della forma breve e nuove voci, che si potessero riportare in libreria i racconti di Virginia Woolf, quelli mai pubblicati di Eudora Welty, mettendoli accanto a esordi folgoranti come quelli dei giovanissimi (e premiatissimi) Bryan Washington e Kali Fajardo-Anstine.
Credevamo fermamente che giganti della letteratura potessero andare a braccet- to con giovani autori di casa nostra – John Cheever con Marco Marrucci, Margaret Atwood con Elvis Malaj, Rohinton Mistry con Michele Orti Manara. Pensavamo ci fosse bisogno di mostrare i margini, quelli di ogni epoca, dare voce a chi non ne ha, che ci fosse spazio per un irlandese trapiantato in Romania come Philip Ó Ceallaigh (nonostante il nome impronunciabile), e tempo per una nigeriana di stanza in America, come Chinelo Okparanta.
Eravamo sicuri che in Italia si dovessero riscoprire «classici rinnovati», le parole to- nanti di James Baldwin e quelle enigmatiche di James Purdy.
Credevamo in tutto questo – magari inconsciamente – ma la pura verità è che oggi ci crediamo molto di più. Oggi ci guardiamo alle spalle per controllare se la strada percorsa sia quella giusta, e francamente ci pare proprio di sì… tu che ne pensi?
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